Il Corallo è un animale coloniale che si sviluppa ramificandosi in tutte le direzioni. Ha uno scheletro completamente calcareo, costituito da spicole cementate tra loro che conferiscono una compattezza particolare che lo rende lavorabile.

La superficie risulta punteggiata da polipi bianchi e trasparenti, lunghi solo pochi millimetri, che hanno otto tentacoli.
Quando la colonia è attaccata da predatori i polipi si ritraggono dentro i calici e nel cenosarco. E’ costituito da cespi alti in media 20-25 cm e larghi dai 10 ai 15 cm. Il diametro dei rami varia da 1 a 15mm. Il peso di ogni cespo oscilla dai 100 e 150g potendo però raggiungere con un altezza di 60cm anche i 1500g.
Vive infatti in luoghi ombrosi, nascosti, in grotte semioscure, strapiombi e nelle fenditure delle rocce, a partire dalla profondità di 20/30 metri, ma la massiccia raccolta ha spinto le colonie di questo Alcionario a profondità molto più elevate, fino a 200 metri, dove si trova su formazioni rocciose verticali.

La pesca del corallo è di origine araba, da quando tutta la costa nordafricana cadde sotto dominazione musulmana nel 698. I primi in Italia furono i Genovesi che nel 1153 avevano stipulato accordi con i Tunisini per la pesca, seguiti quattro anni dopo dai Pisani. In Africa per la pesca i Genovesi fondarono colonie a Nona,Ceuta,Marsa, Carez e Tabarca. Si distinse anche a Livorno sia per la pesca che per la lavorazione tanto da superare Genova, Marsiglia e Trapani. I Livornesi sulle loro piccole coralline si spingevano fino alle coste africane; a Livorno la lavorazione fu importata da Ebrei provenienti dalla Spagna.

Dagli antichi fu sempre ritenuto una pianta marina dotata della singolare proprietà di pietrificarsi appena tolta dall’acqua; questo effetto veniva attribuito all’aria. Nel 1700 si ritenne perfino di avere scoperto i fiori di questa pianta, di colore bianco.
Quando si cominciò a parlare di animaletti coralligeni molti non osarono pronunciarsi, altri rimasero scettici, altri accolsero la notizia come facezia. Soltanto nella seconda metà dell’800 si assodò l’origine animale e non vegetale del corallo.
Il corallo prende forme diverse con il variare delle condizioni nelle quali è costretto a formarsi. Dove l’acqua è tranquilla, immota nelle profondità assume in modo completo la forma arborescente più elegante. Nelle acque agitate il corallo si richiude in arborescenze più raccolte come per resistere meglio o per sfuggire al movimento delle onde.

Per la pesca si è adoperata in passato una grossa barca corallina a vela latina che trascinava, talvolta perfino a 150 metri di profondità, una grossa croce di legno a bracci eguali appesantita da pietre; a questa croce venivano assicurati mazzi di vecchie reti di canapa. La croce di legno, che veniva chiamata ingegno (ossia congegno), trascinata dalla superficie con una imbarcazione, veniva ad impigliarsi nelle formazioni coralline del fondo marino; i coralli venivano sradicati o spezzati e almeno in parte impigliati nelle reti. Il capo barca si accorgeva dell’avvenuto incontro con un banco corallino per gli strattoni comunicati alla corda del congegno, corda passante su una sua coscia protetta da una gambiera di cuoio di adatto spessore. Il congegno vieniva tirato in barca mediante un argano.

Negli anni intorno al 1880 ogni stagione tra aprile e ottobre, partivano da Torre del Greco circa 200 barche per la pesca e dopo 6-7 mesi rientravano con una quantità tale di prodotto che le parti più piccole meno pregiate furono ammassate in quantità notevoli; da questi depositi si è attinto poi nei periodi successivi di guerra o comunque di scarsezza.

Il corallo pescato nel Mediterraneo a circa 20 miglia a sud della Sicilia è conosciuto sotto il nome di corallo di Sciacca. E’ il meno pregiato perché di limitata grandezza, lo spessore massimo non supera i 10-12 mm,ed è di tinte più o meno screziate.

Esiste una varietà rosa denominata Sciacca bello.
Il corallo sardo è di colore più rosso ed è più grosso. Dei coralli italiani è il più pregiato. Il suo colore può essere più o meno cupo.
Un altro corallo mediterraneo è quello pescato nei mari a nord della Tunisia e dell’Algeria.
Notevole quantità di grezzo è venuta dalle isole americane del Pacifico, le Hawai, con il nome di corallo Midway.
Il corallo veniva spedito in India sotto forma di tronchetti che sembra si impiegassero per tappezzare letti per i morti. Si vendeva molto anche in Cina per ornamento ad esempio dei codini. Viene venduto in Italia in collane o fili dette Roma vezzi, del peso perfino di un etto distribuito in palline che possono anche non essere sferiche. Si usa anche per rosari del Corano in file di 25-25 pezzi ogni tanto interrotte da coralli più grandi.
Un tipo di corallo pregiato è il corallo giapponese. Il suo pregio è dovuto alla facilità di raggiungere dimensioni relativamente notevoli (ad esempio 25 mm).
Del corallo giapponese si hanno diverse varietà che con il variare della moda si spostano nella scala dei valori. Caratteristico è il corallo “moro”, cosiddetto per il colore rosso cupo intenso. La gradazione di colore non è però unica, si hanno coralli più o meno intensamente colorati e che si chiamano ancora corallo moro.
Il corallo screziato presenta macchie diversamente colorate. Se si presentano macchie chiare capricciosamente rotondeggianti, i coralli si dicono “scherzosi”. Come sua caratteristica il corallo moro ha una parte mediana bianchiccia detta nervo che percorre tutta l’arborescenza. Per questo motivo si fa il taglio longitudinalmente in modo da aprire il corallo, mentre la lavorazione successiva avviene in modo tale da lasciare da un lato, e in genere su un particolare non in vista, il segno del nervo.
Quando se ne devono ricavare tondi e palline, il taglio avviene trasversalmente all’asse dell’arborescenza perché il foro del corallo finito e la sua successiva montatura in collane od orecchini od altro, eseguito proprio in corrispondenza del nervo, non è visibile.
Anche altri coralli possono mancare di uniformità di tinta e presentare una specie di nervature che il linguaggio corallaro si chiamano vortici. L’abilità del corallaio consiste non soltanto nel saper destinare la parte di arborescenza tagliata per l’applicazione più pregiata allo scopo di aumentare la resa e diminuire gli sfridi, ma anche nel saper portare gli eventuali difetti del corallo su particolari non in vista, quindi non capaci di svalutare l’articolo finito.
Oltre il moro e il corallo bianco macchiettato si ha ancora un’altra varietà giapponese: il corallo detto pelle d’angelo per la sua tinta delicata, anche per questo la tonalità può variare. Su una stessa arborescenza possono coesistere parti a colore diverso.
Qualunque sia la qualità , il corallo grezzo si presenta sempre sotto forma di alberelli con la parte più grossa, quasi come anticipo di radice, più o meno saldamente abbarbicata sul fondo marino. Esso non resiste al calore e in genere alle lavorazioni a caldo perché si screpola. Si lavora perciò con acqua.
Esso è anche fragile specialmente se in pezzi sviluppati in lunghezza. Si distingue la lavorazione liscia o in tondo dalla lavorazione incisa; la incisa può anche avere notevoli risultati artistici se è veramente un artista ad adoperare il bulino. Si va diffondendo in sostituzione del bulino, il motorino elettrico ad albero flessibile, a velocità regolabile,mediante pedale, fino a migliaia di giri al minuto, con punte adatte, a diametri diversi. Per evitare il riscaldamento, ogni tanto è necessario fermarsi.

Il prezzo del corallo varia in conseguenza di vari fattori, uno dei quali è soprattutto la grandezza: più il corallo è grande e più aumenta il suo prezzo al grammo. Varia poi molto con la provenienza: giapponese, sarda, barberia e siciliana; nella provenienza la varietà modifica la valutazione. Porosità, nervature, vortici svalutano il corallo come eventuali difetti di lavorazione. Perciò il corallo dopo la finitura deve essere scelto e separato in partite a secondo il colore, la forma, la grandezza scartando i coralli mal riusciti, o difettosi. In ultimo, dopo questa operazione di selezione, esso viene montato in grappoli, collane, su metalli più o meno pregiati, in dipendenza del valore del corallo stesso. Se si esamina la lunga via percorsa dal corallo dal fondo marino al negozio e all’acquirente ultimo dell’articolo finito, può meravigliare che ad esempio certe collane con centinaia di pezzi regolarmente tagliati, forati e lucidati, scelti e infilati costano piuttosto modestamente. Si rimane perplessi di come possa questo articolo essere rimunerativo per ogni intermediario compreso il pescatore. E’ dovuto ad una lavorazione altamente specializzata in tutte le singole operazioni, alla lavorazione più che artigiana, casalinga, affidata spesso a donne talvolta anche molto giovani o anziane. Il corallo destinato a collane viene venduto dal fabbricante in file che per ogni estremità terminano con un fiocco di cotone. Prima della seconda guerra mondiale, in ogni fila solo 30% erano cotone e 70% erano corallo. Le file vendute oggi sono costituite solo del 10% di cotone e 90% di corallo. Il corallo piccolo si vende anche in collane larghe che hanno nella parte mediana un ingrossamento intorno al quale sono avvolti i corallini infilati. Per ottenere questi effetti particolari quando sono di moda si adoperano delle anime di legno; si adopera il legno per conferire alla collana la necessaria leggerezza; le anime vengono rivestite di stoffa prima di montare i coralli.

IL CORALLO NEL CAMMEO E NELLA SCULTURA

Solo parti o arborescenze di qualità possono essere incise per ricavarne cammei o sculture a tutto tondo. Queste ultime sono richieste quando la gioielleria si orienta verso un gusto particolare.
Mentre il cammeo ha esigenze minori perché l’incisione interessa solo una faccia, nella scultura a tutto tondo l’abilità dell’artista deve saper adattarsi alla sagoma dell’arborescenza. Anche il colore ha grande importanza. Il corallo moro ha lo svantaggio di attenuare, di confondere il rilievo; il chiroscuro s’indebolisce. Si preferiscono il rosa, la pelle d’angelo, il bianco: per attenuare il colore del corallo viene usata l’acqua ossigenata.

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